NEWS | CoronaVirus e luoghi di lavoro: quali misure preventive?
Una tra le tematiche che stanno imperversando negli ultimi tempi è quella relativa all’epidemia sviluppatasi in seguito alla diffusione del virus denominato coronavirus (2019-nCoV).
Il virus ha avuto il suo epicentro in Cina, nella provincia di Hubei a Wuhan, e si è capillarmente diffuso scatenando un effetto domino che ha attirato l’attenzione delle più importanti autorità mondiali.
L’Italia sembra essere uno dei Paesi nei quali il virus ha individuato terreno fertile, tant’è che il Ministero della Salute ha fornito una serie di indicazioni operative per i casi di contatti a rischio con i soggetti malati.
Uno dei luoghi laddove è senz’altro più comune il contagio è l’ambiente lavorativo, peranto ci si è subito interrogati circa le misure preventive che il datore di lavoro dovrebbe adottare all’interno degli ambienti lavorativi al fine di evitare che i lavoratori corrano inutili rischi e mettano a repentaglio la propria salute.
L’intervenuta Circolare del Ministero della Salute n. 3190 del 3 febbraio scorso ribadisce l’obbligo gravante in capo al datore di lavoro e già previsto dal D.Lgs. 81/2008 laddove è previsto che il datore di lavoro ha l’obbligo di tutelare i propri dipendenti dal rischio c.d. biologico.
Il rischio biologico potrebbe verificarsi qualora l’attività lavorativa sottoponga il soggetto che la svolge ad un microorganismo che potrebbe portare ad allergie, infezioni o intossicazioni (c.d. agenti biologici).
Allo stato dell’arte si ritiene che i lavoratori non solo debbano adottare comuni misure di prevenzione, ma si necessario che vengano adottate delle misure di salute pubblica quali ad esempio il trattamento obbligatorio di quarantena.
Per quanto attiene alla possibilità di contatti con le persone contagiate è necessario dapprima individuare come possano essere classificate le “persone contagiate” e sulla base di quali indici.
In particolare, il Ministero della Salute si era già espresso a riguardo con la Circolare del 27 gennaio 2020 laddove prevedeva che dovessero considerarsi quali “casi probabili” o comunque infettivi:
i) le persone con infezioni respiratorie acute gravi,
ii) residenza o viaggi nelle zone a rischio della Cina nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia,
iii) il soggetto ha lavorato in qualità di operatore sanitario a stretto contatto con soggetti portatori del virus,
iv) una persona con malattia respiratoria acuta perché ha lavorato a stretto contatto con un soggetto infetto almeno nei 14 giorni prima l’insorgenza della malattia o abbia visitato un mercato di animali vivi a Wuhan.
Qualora si verifichino tali condizioni il soggetto interessato dovrà obbligatoriamente contattare i servizi sanitari ed indossare delle maschere chirurgiche al fine di evitare il contagio.
Ma quali sono gli obblighi che gravano in capo al datore di lavoro?
Per quanto attiene all’aspetto prettamente logistico delle strutture di lavoro, il datore di lavoro dovrà inserire appositi erogatori di gel antibatterici, dotare il personale di guanti e mascherine e predisporre i mezzi necessari a garantire la pulizia del luogo di lavoro.
Per quanto attiene all’aspetto prettamente soggettivo, l’imprenditore dovrà avere particolare cura rispetto ai dipendenti soggetti ad obblighi di trasferta ovvero soggetti distaccati presso alcune sedi produttive in Cina o altre aree geografiche considerate a rischio.
In situazioni di tal fatta il datore di lavoro ha l’obbligo legislativamente previsto (D.Lgs. 151/2015) di valutare la salubrità del luogo della prestazione di lavoro.
A tal proposito, le aziende hanno adottato sempre più su larga scala il c.d. smart working ossia la possibilità per i dipendenti di svolgere la proprita attività lavorativa nella sede a loro più congeniale e, quindi, al di fuori del luogo di lavoro.
Allo stesso modo, il soggetto che rifiuti di recarsi in trasferta ovvero di trasferirsi a lavorare in una delle zone a rischio o maggiormente colpite dal virus, non può essere considerato come un inadempimento contrattuale poiché, in ogni caso, si tratterebbe di un ossequio rispetto alla logica preventiva del rischio biologico.
Alla luce delle considerazioni suesposte il quadro così delineato appare idoneo a tutelare la salute dei lavoratori e senz’altro dovrà essere in grado di mutare sulla base delle diverse necessità.
Di Elisabeth Fanizzi.